Ogni mattina, mentre prepara il caffè ai suoi clienti, Stefano sente molte persone lamentarsi delle tasse. Se la prendono tutti con Equitalia, l’ente di riscossione nazionale, appellando chi ci lavora con epiteti non propriamente gentili. Tutti si augurano che questa chiuda i battenti, ma Stefano ha sempre pensato che se anche fosse smantellata ci sarebbe stato qualche altro ente pronto a riscuotere le tasse, non cambiando così molto rispetto alla situazione attuale. Ma si sa, al bar ci si sfoga senza pensare molto agli effetti delle proprie affermazioni. Una mattina, come suo solito, Stefano apre il suo bar e accende la radio. Inizialmente non fa molto caso alla trasmissione, finché il conduttore non annuncia l’intervento di Matteo Renzi con lo scopo di rendere pubbliche molte novità sulle tasse. Il Presidente del Consiglio inizia a parlare e poco dopo, con un tono di voce compiaciuta, afferma: “Entro l’anno arriverà il decreto che cambierà il modo di pagare il fisco”, seguito dal famoso slogan “bye bye Equitalia”. Dopo qualche mese Stefano ripensa a quell’annuncio, a cui nessuno sembrava aver dato seguito, forse perché eccessivamente propagandistico. E invece, ascoltando una sera il telegiornale, vede di nuovo lo stesso Renzi tornare sul punto. All’assemblea nazionale dell’Anci a Bari, il Presidente del Consiglio illustra le misure che sarebbero state contenute nella legge di bilancio appena approvata e, tra queste, spicca proprio la soppressione di Equitalia. Che sia la volta buona?
Il decreto legge n. 193 del 2016 di conversione della legge di bilancio 2017 contiene le disposizioni relative all’abolizione dell’ente per la riscossione nominato Equitalia s.p.a. Non si tratta in realtà di una vera e propria abolizione, in quanto l’ente dismetterà le vesti di società commerciale per operare come ente pubblico. Nascerà così una nuova agenzia fiscale, denominata Agenzia delle Entrate – Riscossione, quale ente in realtà distinto dalla stessa Agenzia delle entrate. Quest’ultima ne esprimerà però la governance (la nuova agenzia sarà presieduta dal Direttore dell’Agenzia delle entrate ed amministrata da un comitato di gestione composto in prevalenza da membri designati dall’Agenzia dalle Entrate). L’obiettivo proclamato della misura è quello di raggiungere una maggiore efficienza nell’attività di riscossione e di adottare un atteggiamento meno vessatorio nei confronti del contribuente. Il processo di riforma si concluderà nel giugno del 2017, momento in cui Equitalia chiuderà definitivamente i battenti. Ma cosa cambia per i contribuenti?
La questione principale riguarda le cartelle esattoriali non ancora pagate. In via straordinaria è prevista una “finestra” di saldo dei debiti con la cancellazione delle sanzioni e degli interessi di mora subordinata però al pagamento integrale delle altre somme dovute in un numero massimo di 5 rate, da saldare entro il mese di settembre 2018. Chi aderisce alla sanatoria, facendone richiesta entro e non oltre il 31 marzo 2017, dovrà rinunciare al beneficio, eventualmente già accordato, della dilazione fino a 12 rate mensili. Ma coloro che non vorranno o non potranno avvalersi di tale opportunità devono poi riprendere il dialogo con l’agente della riscossione. In prospettiva futura – perché al momento il decreto di riforma non ne fa menzione – dovrebbero essere così eliminate alcune voci della cartella esattoriale, con l’intento (a detta del Governo) di invogliare i cittadini a pagare le tasse. Al momento, è prevista soltanto la sanatoria prima richiamata che dovrebbe interessare una somma complessiva che, secondo i primi calcoli, ammonta a circa 100 miliardi di euro sul valore nominale delle cartelle. Saranno oggetto di questa sanatoria:
- le cartelle di Equitalia per il recupero delle somme dovute al fisco;
- le cartelle per i debiti verso l’INPS;
- le cartelle per i debiti verso le amministrazioni pubbliche (multe o tasse locali).
Con la sanatoria parziale, il contribuente sarà comunque tenuto al versamento dell’imposta dovuta e degli interessi maturati a causa del ritardo nel pagamento richiesto. Ciò che, invece, verrà scorporato e eliminato saranno le sanzioni e gli interessi di mora previsti. Insieme ad essi, dovrebbe essere ridotto anche l’aggio (ovvero l’onere di riscossione che viene incassato da Equitalia come pagamento per il servizio svolto), attestandosi al 3% se la cartella è pagata entro due mesi dalla data di riscossione e al 6% qualora siano superati i due mesi.
Come si è detto le nuove cartelle ricalcolate potranno essere pagate in una soluzione unica o al massimo in 5 rate.
Al ricalcolo delle somme dovute, al netto di sanzioni e interessi, provvederà l’agente della riscossione a seguito di richiesta del contribuente.
La sanatoria vale anche per coloro che stiano già pagando una cartella esattoriale tramite un piano di versamento a rate. In tal caso gli sconti riguarderanno unicamente le rate future, e non anche quelle già pagate.
Per un assetto più adeguato del sistema di riscossione, i nodi da sciogliere sono ancora molti. Una volta chiarito, come aveva auspicato peraltro l’amministratore delegato dell’ente, Ruffini, che i lavoratori di Equitalia, verranno completamente riassorbiti dal nuovo soggetto, il vero problema è la sorte delle cartelle non definite con la sanatoria straordinaria e di quelle future.
Al riguardo l’amministratore delegato dell’ente, Ruffini, ha affermato che verranno completamente riassorbite dal nuovo soggetto; ma il governo non si è ancora espresso a riguardo.
In secondo luogo vi è il problema del futuro delle cartelle esattoriali.
La sanatoria parziale prevede una rateizzazione degli importi dovuti per un massimo di tre anni.
Se è vero che la misura vuole agevolare i contribuenti, è anche vero che gli unici a beneficiarne davvero potranno essere unicamente i piccoli debitori. Infatti difficilmente chi deve grandi somme al Fisco riuscirà a sanare il proprio debito entro i tre anni previsti dai piani di rientro. E cosa succederà a chi non ci riesce? Anche in tal caso le risposte latitano. Lo Stato, dal canto suo, ne riceve un enorme vantaggio. Il ministro dell’economia Padoan ha infatti calcolato che entreranno nelle casse dello Stato circa 4 miliardi di euro. Passato un anno e chiusa la finestra, la situazione rischia di tornare uguale a prima, con cartelle che si gonfiano giorno dopo giorno per le numerose voci di spesa. E allora sembrerà che lo Stato abbia unicamente voluto trovare un escamotage per incassare molti soldi in poco tempo.
Alessia Fortino