Armenia, Bosnia, Darfur, Rwanda, Falluja, la seconda guerra mondiale. Ci viene chiesto se li ricordiamo, se esiste una parola per descriverli. Purtroppo l’umanità ha dovuto affrontare anche questo, si è abituata al male. “La banalità del male” solo così e non meglio di così ce l’ha descritta Hanna Arendt, filosofa tedesca di religione ebraica nata nel 1906.
Esistono giorni della memoria, Corti penali internazionali, discussioni su cosa sia un delitto penale internazionale, allora perché le parole di Einstein secondo cui: “il mondo non sarà distrutto da quelli che fanno il male, ma da quelli che li guardano senza fare nulla” devono ancora risuonare così forti e moderne nelle televisioni di tutti?
Il 9 dicembre 1948 viene firmata a New York la Convenzione sul genocidio. Nell’incipit leggiamo che l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, nella Risoluzione 96 dell’11 dicembre 1946 ha dichiarato che il genocidio è un crimine di diritto internazionale, contrario allo spirito e ai fini delle Nazioni Unite e condannato dal mondo civile, riconoscendo che il genocidio in tutte le epoche storiche ha inflitto gravi perdite all’umanità. Sono passati 68 anni e si ha ancora paura ad applicare ogni misura possibile a far si che la storia non si ripeta.
Vediamo, allora, cos’è il genocidio per il diritto.
L’Art. II della Convenzione suddetta sancisce che per genocidio si intende ciascuno degli atti seguenti, commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale,
etnico, razziale o religioso, come tale:
- a) uccisione di membri del gruppo;
- b) lesioni gravi all’integrità fisica o mentale di membri del gruppo;
- c) il fatto di sottoporre deliberatamente il gruppo a condizioni di vita intese a
provocare la sua distruzione fisica, totale o parziale;
- d) misure miranti a impedire nascite all’interno del gruppo;
- e) trasferimento forzato di fanciulli da un gruppo ad un altro.
In Italia per definire il genocidio e le sue conseguenze venne emanata, anche in seguito agli obblighi previsti dalla Convenzione, una legge nel 1967 secondo la quale chiunque commette atti diretti a cagionare la morte o lesioni personali gravissime a persone appartenenti ad un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso verrà punito con la reclusione in carcere per un periodo non inferiore ai 24 anni potendosi arrivare fino all’ergastolo. Per il diritto internazionale gli atti che rientrano nel genocidio risultano, però, essere più variegati. L’Art III della Convenzione vi fa, infatti, anche rientrare l’intesa mirante a commettere genocidio, l’incitamento diretto al pubblico a commettere genocidio, il tentativo di genocidio e infine la complicità nel genocidio.
Di fronte ad un crimine contro l’umanità il mondo sembra essere indifferente, ma cosa si potrebbe realmente fare? L’Organizzazione delle Nazioni Unite nasce sotto la stella della protezione e del mantenimento della pace e della sicurezza internazionale. La Carta delle Nazioni Unite assegna, quindi, al Consiglio di Sicurezza il compito di accertare l’esistenza di una minaccia alla pace, di una violazione della pace, o di un atto di aggressione. Questo può, infatti, fare raccomandazioni e decidere quali misure debbano essere prese per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale. Per prevenire l’aggravarsi della situazione può invitare le parti (le forze contrastanti) ad adottare delle misure provvisorie indispensabili. Se le parti non obbediscono il Consiglio di Sicurezza può decidere quali misure, non implicanti l’impiego della forza armata (un’interruzione totale o parziale delle relazioni economiche e delle comunicazioni ferroviarie, marittime, aeree, postali, telegrafiche, radio ed altre), debbano essere adottate per dare effetto alle sue decisioni, e può invitare i membri delle Nazioni Unite ad applicare tali misure. Può, quindi, chiedere a 193 Stati di collaborare, di aiutare, di agire per mantenere la pace nel mondo.
Se ogni risoluzione del Consiglio di Sicurezza risulta essere inadeguata esso può intraprendere, con forze aeree, navali o terrestri, ogni azione che sia necessaria per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale. Le azioni possono comprendere dimostrazioni, blocchi ed altre operazioni armate con l’utilizzo di forze aeree, navali o terrestri di Membri delle Nazioni Unite.
Perché non si sta facendo nulla allora? Forse e purtroppo la riposta è sempre la stessa: le vite umane, il grido di un bambino hanno meno valore e meno forza di un interesse economico e politico. Basti ricordare che gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, la Francia e la Russia sono tutti membri permanenti del Consiglio di Sicurezza e hanno in questo potere di veto. I paesi più forti al mondo si stanno scontrando, chi per un interesse chi per un altro, come accadde nel 2001 in Afghanistan dove una guerra mai finita ha distrutto una nazione.
Ottavia Dora Lo Sardo