L’adozione di un bambino che si trova in stato di bisogno, persistendo una “situazione di abbandono morale e materiale” da parte dei genitori o dei parenti più prossimi, è un atto dal quale scaturisce la responsabilità giuridica ed emotiva della crescita di un essere umano.
La normativa internazionale ed italiana pongono le linee di confine attraverso cui coloro che intendono adottare un minore in difficoltà debbono muoversi: la Convenzione europea del 1967 e successivamente la Convenzione del 2008, così come la Legge italiana n. 184 del 1983.
Così come colei che partorisce un neonato, anche la donna che decide di adottare un minore necessita di un periodo di interruzione del lavoro per dedicare spazio e tempo alla costruzione e al rafforzamento del proprio legame con il bambino. Il nostro ordinamento, inoltre, riconosce questo diritto anche al padre (attraverso la sentenza della Corte Costituzionale n. 341/1991).
Con il decreto legislativo n. 151 del 2001 (testo unico sulla maternità e paternità), modificato poi nel 2008 con la Legge finanziaria, il legislatore ha impostato le norme di riferimento per la fruizione del congedo.
Con l’emanazione del Jobs Act ( Legge n. 183 del 2014), è stato prevista una delega per favorire l’ allineamento delle previsioni riguardanti i lavoratori con le esigenze degli stessi “alla cura,alla vita e al lavoro”, conciliando quindi tali diversi aspetti tra di loro.
Le norme previste con il decreto legislativo n. 80 del 2015 che vanno dunque a modificare il testo unico (decreto legislativo n. 151 del 2001) sono diventate definitive attraverso un altro atto del governo, il decreto legislativo n. 148 del 2015.
Nelle adozioni nazionali il lavoratore e la lavoratrice (alternativamente tra loro) possono astenersi dal lavoro per un periodo totale di 5 mesi dal giorno successivo all’ingresso del minore nella loro famiglia, a prescindere dall’età dello stesso e senza che il periodo di comporto venga interrotto nel caso in cui questo raggiunga i diciotto anni.
La stessa cosa accade nelle adozioni internazionali in cui, il congedo è sempre pari a cinque mesi (in questo caso il punto di riferimento è il momento in cui il minore entra nel territorio italiano), ma con la differenza della possibilità, in questo caso, di frazionare il periodo e di poter usufruire dell’interruzione dal lavoro anche prima dell’adozione (per esempio nel momento in cui si entra in contatto per la prima volta con il minore, solitamente nel luogo di nascita o dove lo stesso vive).
Qualora si tratti di affidamento di un minore (ipotesi in cui il bambino non viva temporaneamente in un ambiente idoneo alla sua crescita e venga quindi disposto che sia allontanato dalla famiglia di origine), il periodo di astensione dal lavoro della lavoratrice e del lavoratore che decidono di occuparsi del bambino, è di tre mesi e può essere continuativo o frazionato a seconda delle esigenze degli stessi.
Sostanzialmente quanto descritto sopra è ciò che il lavoratore deve tenere a mente nel momento in cui decide di diventare genitore scegliendo la via dell’adozione.