I problemi connessi alle assunzioni degli insegnanti e al precariato che spesso le contraddistingue, sono uno dei grandi argomenti di discussione delle battaglie giuridiche e politiche degli ultimi anni.
Nel corso degli anni i contratti pubblici e le loro caratteristiche, come le scelte riguardanti gli aspetti economici degli stessi o la loro regolamentazione giuridica, hanno posto l’accento su diverse necessità per coloro che lavorano alle dipendenze della pubblica amministrazione.
Attraverso la Legge Madia (l. N. 124/2015), è stata demandata al Governo la responsabilità nella scrittura e attuazione di numerose innovazioni in campo amministrativo, tra le quali, grande importanza assume ciò che viene previsto nell’articolo 17 della suddetta legge: “Riordino della disciplina del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”. Il Governo ha il dovere, infatti, di emanare entro 18 mesi dall’entrata in vigore della Legge Madia (quindi entro febbraio 2017), un decreto legislativo che si occupi delle riforme riguardanti l’occupazione, i concorsi pubblici, la tutela e la valorizzazione delle competenze nella selezione dei dipendenti, i ricambi generazionali e l’informatizzazione degli uffici pubblici.
Pareva paventarsi un blocco della normativa grazie al recente intervento della Corte Costituzionale, sentenza n.251/2016, con la quale è stata dichiarata la parziale incostituzionalità della Legge Madia.
La Corte ha dichiarato che la parte della norma che prevede un “parere” della Conferenza Stato-Regioni, invece dell’ “intesa” con la stessa come procedimento per i decreti legislativi attuativi, non è conforme alla nostra Carta Costituzionale.
Gli argomenti che verrebbero disciplinati con decreti legislativi attuativi, riguardano: la dirigenza pubblica, le società partecipate, i servizi pubblici locali e il pubblico impiego.
Non essendo state ancora pubblicate norme relative alla disciplina del pubblico impiego, la decisione della Corte Costituzionale non influisce su alcun testo che lo riguardi.
Da pochi giorni, il 30/11/2016, la ex Ministra della Funzione Pubblica Marianna Madia e CGIL, CISL e UIL, hanno invece raggiunto un Accordo riguardante la contrattazione del lavoro dei pubblici dipendenti.
L’impegno dell’organo esecutivo, è incentrato nel raggiungimento degli obiettivi di innovazione, attraverso il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali e nella partecipazione attiva, da ora in avanti, dei dipendenti pubblici nelle scelte contrattuali che li riguardano.
Gli strumenti che potrebbero essere utilizzati dal futuro Governo, al fine di dare attuazione all’Accordo, sono quelli della Legge di bilancio, di atti di indirizzo e la riscrittura del Testo Unico dei contratti pubblici.
È stato sottoscritto l’impegno da parte delle Istituzioni, inoltre, ad un maggiore dialogo con le parti sociali, sostenendo la contrattazione come fonte privilegiata per la regolamentazione dei rapporti di lavoro.
Un altro punto interessante è quello riguardante la riforma dell’articolo 40 comma 3-ter del D. legislativo 165/2001, che attiene gli atti unilaterali delle amministrazioni. È stata vincolata la possibilità dell’adozione di un atto in via unilaterale, alle situazioni di stallo delle trattative che perdurino nel tempo e che rechino pregiudizio alle amministrazioni, così come al previo esaurimento dei tentativi negoziali con le parti e al rispetto della correttezza reciproca.
Dal punto di vista economico, nell’Accordo è previsto un aumento medio di 85 euro nella busta paga dei dipendenti pubblici, da diversificare per qualifiche e fasce di reddito.
Molto scalpore e dubbi sono stati sollevati proprio in merito agli 85 euro e alla relazione con gli 80 euro già integrati in passato.
È tuttavia necessario chiarire le differenze fra il bonus di 80 € già concesso e quello più recente degli € 85.
Mentre gli 80 euro non hanno incidenza sugli stipendi (in quanto dati per intero a coloro che hanno un reddito annuo imponibile entro i € 24.000,00), il bonus di 85 euro rappresenta un vero e proprio aumento di stipendio che, come tale, andrà ad incidere sul trattamento pensionistico e sul TFR.
Tuttavia l’introduzione di tale ultimo incremento economico genererebbe il problema per cui tutti i dipendenti pubblici a front degli 85 € in più subirebbero una variazione di tale da non garantirgli più (fasce di reddito tra i € 24.000,00 e € 26.000,00 annui) il bonus di 80 euro.
Sarà pertanto obbligatoria, per coloro che superino la soglia di reddito (€ 26.000,00), la restituzione degli € 80 attraverso l’INPS o il portale NoiPa compilando un determinato modulo online a partire dal 2017.
Va sottolineato come il rinnovo dei contratti pubblici e l’Accordo con i sindacati siano solo il punto di partenza per un dialogo maggiore, nell’attesa del futuro testo normativo che ha come termine ultimo per la sua introduzione il mese di febbraio.
Dott.ssa Elisa Panunzi